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La sala da pranzo (e quasi certamente stanza da ricevimento della vecchia fabbrica di tappi in sughero) è il pezzo forte della casa, grazie ai suoi affreschi. La storia della loro scoperta è riportata più avanti alla pagina "Genesi di un restauro". Probabilmente il pittore era piemontese e sarebbe interessante sapere se, sulla strada dal Piemonte alla piana delle Maures, altre pitture murali (ne restano ben poche) portino la sua firma. Un ospite italiano aveva commentato che gli affreschi gli ricordavano i laghi di Avigliana; Bernard e Didier hanno visitato quelle zone, a ovest di Torino, senza trovare dei riscontri certi, per quanto ci siano delle somiglianze. Senza dubbio l’artista naïf ha ricomposto i ricordi della sua terra natale, reinventando, facendo di più paesaggi uno soltanto. Resta comunque il grande mistero del quadro “indianeggiante”. Considerata la vicinanza ai porti di Tolone e Marsiglia, e quindi il richiamo di terre lontane, che fortemente influenzava la regione, l'orientalismo era molto presente (lo si ritrova nel giardino recintato della Tartugo, con le sue "follie" esotiche), ma alcuni dettagli di quel dipinto sembrano testimoniare una buona conoscenza dei luoghi. Forse il pittore piemontese era egli stesso un viaggiatore di lunghe percorrenze, e non soltanto un habitué del tragitto tra il Piemonte e la Provenza. Questo argomento è terreno fertile per l’immaginazione del traduttore amante dell’India che oggi risiede in queste mura.
I dintorni dei laghi di Avigliana, le fiancate delle ripide montagne dominate dalla Sacra di San Michele (abbazia Saint-Michel-de-la-Cluse), all’entrata della valle di Suse, potrebbero aver ispirato il pittore degli affreschi.
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