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Il salottino al pianterreno era il luogo di Mimi e faceva pendant con lo studio di suo marito Édouard, dall’altra parte del corridoio. Era la sala delle letture. D’estate, era il luogo dove Mimi riceveva le visite, mentre d’inverno ci soggiornava raramente, preferendo la cucina al primo piano. Ci sono tuttavia molti ricordi di lei a primavera, che cuce con la sua Singer, e in autunno, mentre cuoce le castagne nel caminetto sormontato dal suo “trumeau” grigio e oro.
À VENIR  photographie du cadre 
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La stanza è in stile neoclassico anni ’20, frutto dell’ammodernamento imposto all’epoca da Édouard, che in parte cancellava il carattere provenzale della casa. La carta da parati, piuttosto ben conservata, è deliziosa, con le sue strisce verticali blu bordate di bianco sullo sfondo giallo oro; il fregio, delicato, ripropone un motivo di donna dell’antica Roma seduta di lato come Madame Récamier. D’altronde, fluttua nell’aria del salottino un po’ del Salone Blu della casa di Chateaubriand, di cui Édouard aveva forse visto una riproduzione. (La similitudine era ancor più pertinente in passato per la presenza nella stanza del divanetto méridienne, evocazione, chissà, di quello di Madame de Récamier, proprio alla Vallée-aux-Loups. E se Édouard avesse proiettato là il suo ideale femminile, al quale Mimi, con il suo sovrappeso, stentava a conformarsi?). La stanza resta però caratterizzata dal gusto della piccola borghesia provinciale, che in fatto di decorazione d’interni così come in altri campi seguiva i precetti della rivista L'Illustration, la cui collezione riempiva le due biblioteche schermate ai lati del caminetto, assieme ad altri giornali, album di ricami, erbari e disegni fatti da Mimi nel periodo in cui frequentava un corso privato ad Avignone. Da quel corso Mimi fu strappata nel 1919, a diciassette anni, per essere data in sposa al figlio di un amico dello zio materno, ben più vecchio di lei e che lei non vide che una sola volta prima delle nozze.  
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L’alcova divenuta camera, per l’obiettivo di Alexandre Bailhache, 
The World of Interiors, aprile 2018
Come lo studio di fronte, il salottino, di piccola dimensione, è dotato di un’alcova, che ne aumenta la superficie di un buon terzo. Dopo la ristrutturazione del 1990, l’alcova traboccava delle cianfrusaglie di tutte le generazioni, restie a sbarazzarsi di borse in pelle consumate e mezze scucite, incartamenti polverosi, vecchi giocattoli, la carrozzina inglese di Maurice, ricordo di un’epoca agiata. Oggi, un finto caminetto e due lettini gemelli ne fanno un bozzolo apprezzato dagli ospiti con il sonno leggero, che di notte si ritrovano immersi nel buio più totale. Il basamento delle pareti, dipinto "alla Charleston", ricorda la carta da parati. Dei disegni e dei dipinti senza pretese rimandano al tema dei paesaggi provenzali, con le loro vedute di Tolone, Hyères, Bormes o Les Baux.
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 Le mattonelle a tinta unita sono di Salernes, quelle decorate per la maggior parte provengono dall’Oise. Alcune piastrelle decorate di Salernes richiamano i motivi di quelle dell'Oise. Dominano il blu e il giallo, come per la carta da parati. La giustapposizione delle piastrelle in cemento al suolo e del "picassiette” alla parete è azzardata, ma sembra funzionare.
A tratti danneggiata, la carta da parati del vecchio salottino è stata in gran parte salvata e restaurata. Laddove impossibile, è stata rimossa, rivelando così l’intonaco marrone scuro del XIX° secolo, ciò che dimostra che all’epoca il salottino era sicuramente una stanza da lavoro. È stata rimpiazzata da un collage di mattonelle e da un fregio, che preannunciano il lavoro “picassiette” presente in altri ambienti della casa.
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