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La Tartugo si chiama così in onore ai suoi animali tutelari: le tartarughe del suo giardino. Negli anni ’30, quando ancora era consentito, il giovane Maurice Turle, in compagnia del nonno materno Eugène Boussuge, andò a prendere la prima coppia di tartarughe nei dintorni di Les Mayons, un paese ai piedi del Massiccio delle Maures. È da lì che proviene la Testudo Hermann Hermanni, l’esemplare autoctono francese. Oggi specie minacciata, il prelevamento della tartaruga dall’ambiente naturale, il trasporto e il commercio sono proibiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla metà del secolo XIX, la famiglia di Berthe Signoret (in basso), moglie di Charles Turle (a sinistra, in tenuta da musicista), madre di Édouard Turle (a destra) e nonna di Maurice e Denise, possedeva il fienile adiacente.

Tra il 1850, anno di costruzione, e il 1893, anno in cui fu acquistata da Charles Turle, la casa ospitò sia una drogheria che una fabbrica di tappi in sughero,  trasferita in seguito dall’altro lato della strada.  Semplice rimessa, fu valorizzata dal proprietario, Victor Rebec, nel 1859 e divenne ufficialmente un’abitazione nel 1862. Non resta molto di queste prime attività commerciali: un pannello che riporta le derrate vendute, delle mattonelle scrostate in quello che oggi è lo studio del traduttore Bernard Turle, figlio di Maurice e Marie-Thérèse, fratello di Marie-Chantal et Odile, marito di Didier. Secondo Élisabeth, moglie di Édouard, detta Mimi, che nell’attuale studio aveva la propria camera da letto, in quell’ambiente le donne, sedute per terra, lavoravano il sughero; ancora, una tenda antimosche realizzata con centinaia di tappi; gli affreschi del primo piano, in quella che per oltre un secolo è stata la sala da pranzo, ma che in precedenza doveva essere la stanza riservata al ricevimento dei clienti.

Dopo il sughero, fu la volta del vino. Gli anni ’20 videro infatti la costruzione della cantina, in estensione al fienile, sul lato del giardino, mentre dalla parte della strada venne costruito un distributore di benzina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La casa divenne il quartier generale del vigneto, pur non trovandosi in mezzo alle vigne, ma lungo una antica via romana. Sul lato sud di questa arteria delimitata da platani, che attraversava il paese, c’erano i negozi: la piccola drogheria de La Tartugo occupava la stanza dove oggi si trova il bagno del piano terra. In passato, prima dell’accorpamento fondiario degli anni ’70, il vigneto era costituito da appezzamenti isolati scelti per la loro adattabilità ai vari vitigni. Ma il vino veniva prodotto a La Tartugo. Vi si trovano ancora il torchio, i tini, le botti, ormai secche, ibernate nel tempo: si leggono perfino le ultime iscrizioni lasciate sul legno dei fusti da Maurice, nel 1979, durante i suoi ultimi anni di vendemmia. Nel 2017, con il boom del rosé di Provenza sul mercato mondiale del vino,  il Coteaux des Petits Brons ha ripreso servizio. I vini delle nuove vigne, che beneficiano della denominazione Côtes de Provence e sono lavorati dai giovani viticultori del podere Beilesse, non vengono più prodotti a La Tartugo, ma alla cooperativa vinicola di Puget-Ville. Restano pur sempre i vini delle terre di famiglia; inalando i profumi di quel mosto lontano si risveglieranno i sensi della casa stessa.

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Zoé, dite Philippine, Lauzet, et sa fille Élisabeth, dite Mimi, Boussuge
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HABITANTS DE LA TARTUGO DEPUIS 1893 (depuis le 15 octobre 2022 - date de son anniversaire, le hasard est facétieux - c'est propriété de Nicolas Plazanet)
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