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Guardare il giardino da una finestra del primo piano, da sopra il pergolato, o spingere la porta e mettere il piede sul patio, procura una sensazione particolare, legata indubbiamente al rapporto interno/esterno. D'estate, la casa è un’accogliente oasi di freschezza. A primavera, si ama il tepore del giardino, mentre la casa è ancora fredda. In autunno, forse, si raggiunge l’equilibrio, e il sentimento di benessere e di dolcezza di vivere che ne deriva. L’inverno è la stagione in cui la casa gioca a pieno il suo ruolo di rifugio protettivo, mentre in giardino tutto sembra acquattato, come in attesa.
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Dalla casa si accede al giardino, disegnato su pianta, tramite tre terrazze: la terrazza grande (quella della casa propriamente detta), la terrazza dell'atelier e la terrazza della conigliera. Esse comunicano per tre serie di gradini e l’omogeneità del tutto è evidenziata oggi dal pavimento, tappezzato di mat-tonelle in terracotta e mosaici picassiette. Le tre terrazze costituiscono una sorta d’inter-mezzo, come troviamo anche in altre parti della Tartugo: una camera di compensazione tra il dentro e il fuori, tra il piano terra e il giardino. 
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La terrasse du clapier. Ci-dessus, avec Denise en  1935; ci-dessous, en 2015
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Le "follie" sono l’elemento più eccezionale del giardino murato della Tartugo. Appartengono a un’antica tradizione popolare di cui è rimasto qualche esempio nei giardini della regione fino all’affermazione dell’estetica attuale promulgata dai supermercati di giardinaggio. Sin dalla loro costruzione, negli anni ’30, le “follie” intrigano e divertono, ma nessuno in famiglia aveva mai compreso dove Édouard avesse preso l’ispirazione, fin quando Bernard non ha spulciato gli archivi del nonno paterno. Venivano chiamate la piccionaia, la “casa alsaziana” e la voliera del “castello turco”.
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È durante la guerra del ’14-18, nelle lunghe ore di attesa nelle trincee del Verdun, che Édouard immagina le follie del giardino, che farà realizzare quasi vent’anni più tardi. Sul cassetto della scatola che si è confezionato sul davanti, ha rappresentato la piccionaia, la fontana e la voliera; sotto, una veduta del forte di Ajaccio, città dove prestò servizio militare dal 1911 fino alla partenza per la guerra, nel 1914.
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Sopra, la piccionaia quando venne completata, nel 1934: Maurice e Denise in posa con i nonni materni, Eugène Boussuge e Philippine, nata Lauzet. A destra, la voliera nel 2011.

UNA ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1900 IN MINIATURA

Il pollaio è del novembre 1926,  ma non è una "follia", al contrario della voliera (foto a destra) e della piccionaia (a sinistra), che furono costruite nel 1933/1934. Tra le infinite pile di scartoffie di Édouard, il nipote traduttore, appassionato di carte al pari del nonno,  aveva già scoperto gli schizzi  utilizzati per la costruzione della conigliera del giardino murato. Erano infilati in un album ricordi dell’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Indubbiamente, Édouard si era ispirato al padiglione dell'Algeria e a un edificio dove venivano proiettati dei film durante la celebre manifestazione.  

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Una fattura del 1934 include la fabbricazione della porta, dei telai, della struttura e dei ripiani della voliera.

L'Esposizione Universale del 1900, al culmine dell’impero coloniale francese, ha affascinato un’intera generazione, ed è l’imperativo voluto da Édouard per il suo giardino. 

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Molto tempo dopo (la cernita degli archivi durò diversi mesi), Bernard scoprì un ritaglio del Petit Journal che ritraeva il "castello turco" del giardino murato. Veniva da lì, chiaramente, l’ispirazione di Édouard per la voliera. Il foglio era datato 1900 e portava l’indicazione Esposizione Universale, ma Édouard, con la sua smania per il découpage,  aveva eliminato la didascalia dell’illustrazione. Tuttavia, era una pista da seguire. Mesi dopo, Bernard ritrovò su un sito di vendita online la stessa illustrazione. Stavolta, non essendo ritagliata, il numero del Petit Journal appariva per intero e fu così  possibile risalire alla verità: si trattava del Padiglione della Bosnia-Erzegovina all'Esposizione Universale di Parigi del 1900. Delle fotografie, delle cartoline postali attestano la presenza del padiglione in riva alla Senna, di fianco a quello austroungarico.
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Se due delle follie del giardino erano innegabilmente ispirate all'Esposizione Universale, pareva logico che lo fosse anche la terza, la piccionaia, la "Casa Alsaziana". Per un po’ si pensò che fosse d’ispirazione basca, perché il graticcio, in fondo, poteva essere basco come alsaziano: la costa basca era molto in voga negli anni ’20,  i paesi baschi erano meridionali, più in sintonia con il contesto provenzale e Édouard, come molti francesi dell’epoca, era stato cullato dalla Ramuntcho di Pierre Loti e amava Edmond Rostand. E poi, un giorno, ecco una nuova scoperta, una cartolina: la piccionaia non era né alsaziana, né basca, era la versione in miniatura del Padiglione – chi l’avrebbe mai pensato – della Danimarca, sempre all’Esposizione Universale di Parigi, 1900.

              Édouard, nell’impossibilità di salpare per terre lontane, aveva trovato ugualmente un modo di viaggiare... nel suo giardino, che può essere pertanto considerato come una modesta, e tuttavia succulenta, appendice di un’esposizione che aveva fatto sognare una marea di francesi e che è rimasta impressa nella memoria collettiva. Una strizzata d’occhio storica e popolare, insomma, tanto affascinante quanto impagabile.   

 Il “porcile”, come veniva chiamato (oggi il passaggio che dal giardino murato conduce all’orto), fu costruito nel 1941, epoca in cui l’approvvigionamento era difficoltoso. 
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